Iniziativa pubblica e presidio per sostenere l’appello dei migranti tunisini dispersi


Dove sono molti dei giovani tunisini partiti verso l’Europa dopo la rivoluzione? Sono circa 1000 i dispersi. Rispettare i desideri di libertà e di movimento significa far contare le loro e le nostre vite. Facciamo più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare…

La campagna Da una sponda all’altra: vite che contanoDove sono i nostri figli?  supporta l’appello dei familiari dei tunisini dispersi. L’appello chiede che le impronte, che servono per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli partiti dalla Tunisia verso l’Italia nei primi mesi del 2011.

Il 10 gennaio si terrà a Milano una iniziativa pubblica presso il Teatro della Cooperativa (ore 20.30, via Privata Hermada, 8- MM gialla Maciachini, poi tram 4 e fermata Niguarda centro) dove  si proietterà il documentario “I nostri anni migliori” di Matteo Calore e Stefano Collizzolli – ZaLab. L’ingresso per la serata sarà a libera sottoscrizione. Seguiranno interventi di donne italiane e tunisine e un collegamento con Tunisi per aggiornamenti sulla campagna Da una sponda all’altra: vite che contanoDove sono i nostri figli? Organizzano: Associazione Pontes dei Tunisini in Italia, gruppo femminista Le Venticinqueundici (Milano), Teatro della Cooperativa, gruppo Tunisia Libera (Tunisi) e gruppo Tunisini di Parma, ZaLab.

Per sostenere la campagna, il 14 gennaio,  anniversario della Rivoluzione Tunisina, si terrà un presidio davanti al Consolato tunisino (appuntamento ore 10 davanti in viale Bianca Maria 8), che poi si sposterà davanti la Prefettura (in Corso Monforte 31, Milano).

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Aggiornamento petizione e prossimi appuntamenti

La petizione per i migranti tunisini dispersi, partita in maniera spontanea dai famigliari in Tunisia e dall’incontro di alcune donne italiane e tunisine di Parma e Milano, è stata sostenuta da moltissime persone che l’hanno firmata e pubblicizzata.

Grazie a nome nostro ed a nome delle famiglie che  l’hanno promossa. In questo momento, siamo arrivati a circa 1000 firme.

E’ un buon numero, e forti anche di questo le famiglie in Tunisia hanno già avviato le pratiche con il Procuratore. Tuttavia, per andare avanti occorre attendere che si formi il Governo in Tunisia.

Occorre anche che qua in Italia riusciamo a raccogliere ancora più firme per fare pressione sul governo italiano. Se credete, quindi, inoltrate questa mail ai vostri contatti, chiedendo loro di aderire alla petizione. Nel frattempo, una rete vasta di organizzazioni fra Italia e Tunisia sta cominciando a mettere in campo iniziative per “fare più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare”.

Lo striscione in italiano e in arabo “da una sponda all’altra, vite che contano –dove sono i nostri figli?” è stato esposto  nel corso della giornata d’azione globale contro il razzismo a Tunisi, Milano e Parma.

Il 10 gennaio 2012 si terrà a Milano una iniziativa pubblica presso il Teatro della Cooperativa (ore 20.30, via Privata Hermada, 8- MM gialla Maciachini, poi tram 4 e fermata Niguarda centro) dove  si proietterà il documentario “I nostri anni migliori” di Matteo Calore e Stefano Collizzoli – Zalab,  e seguirà un dibattito con la presenza di alcune donne straniere presenti in Italia.

Il 14 gennaio 2012,  anniversario della Rivoluzione Tunisina, si terrà un presidio sia sotto il Consolato tunisino che sotto la Prefettura sempre a Milano. Appuntamento ore 10 davanti al consolato viale Bianca Maria 8.

Maggiori info

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Perchè ‘Vite che contano’: appunti dal nostro dibattito

Quando abbiamo ricevuto questo appello ci siamo interrogate se e come assumerlo e abbiamo deciso di “esserci”, di non distanziarci da quel dolore che costituisce, secondo noi, un fatto del tutto politico e di una politica altra, non immaginata ma praticata.

Perché ci siamo chieste infinite volte come superare le barriere, quell’innalzamento di confine noi/loro che riduce “loro” a soggetti invisibili. Perché da tempo esploriamo i nessi fra le politiche di governo delle migrazioni che hanno consentito il nascere dei Centri di identificazione ed espulsione, dove sono rinchiusi donne e uomini migranti privati dei diritti umani fondamentali e bollati come “illegali”, e ciò che limita e ingabbia le nostre vite di cittadine cosiddette “legali”.

Chi decide di spostarsi, indipendentemente dalle motivazioni che lo/la spingono, viene in effetti confinato nel ruolo di migrante/clandestino/a/criminale/nemico/a e in tal modo posto in condizione di perenne sospensione. Non a caso il/la migrante è definito dalla legge italiana “CLANDESTINO/A”, invisibile appunto.

Tanto invisibili da poter scomparire nel transito senza che nè lo Stato di partenza né quello di approdo si preoccupino di cercarli e sebbene gli attuali sistemi di identificazione consentano un controllo preciso e costante delle persone e dei lori spostamenti – basti pensare alle numerose banche dati ove confluiscono tutte le impronte digitali di chi migra verso la “fortezza Europa” -l’utilizzo che se ne fa è unicamente funzionale alla governabilità dei corpi.

I/le migranti vengono identificati per finire in un Cie o per essere rimpatriati ma non sono degni di essere cercati neppure quando i loro familiari ne denunciano la scomparsa.

Al tempo stesso, il desiderio di partire verso altri luoghi fa sì che, indipendentemente dalle ragioni per cui ci si muove e, anzi, per il fatto solo di essere agita, la migrazione diventi una vera e propria strategia di resistenza rispetto a una situazione in cui tutte le vie legali sono prive di sbocco.

Nei volti di molti tunisini appena sbarcati in Italia dopo la caduta del regime si leggeva la gioia per una nuova vita e nelle parole emergeva nettamente il desiderio di libertà (cfr.
http://www.storiemigranti.org/spip.php?article922 “Dalla Tunisia al CARA di Mineo – L’oxygène de la liberté”.)

Libertà di andare e di venire, di spostarsi verso altri luoghi, di contrastare l’ingiusta differenziazione tra il viaggio di un/a italiano/a e quello di un/a tunisino/a, è questo che ci raccontano i familiari dei tunisini dispersi.

Il desiderio dei familiari dei tunisini dispersi per la vita dei loro figli è talmente radicale da superare confini e barriere e giungere sino a noi che non possiamo restarne indifferenti perchè con sé porta il desiderio di libertà che quegli uomini e donne hanno agito nell’attraversamento dello spazio.

L’azione di migrare diventa una lotta per la circolazione e il diritto di mobilità e questo la colloca necessariamente all’interno di un più ampio percorso/discorso di liberazione e trasformazione sociale, che come femministe ci riguarda pienamente.

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Da una sponda all’altra: vite che contano

In questi giorni circola un appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi. Come sapete, subito dopo la rivoluzione molti giovani sono partiti verso l’Europa rivendicando la loro libertà di movimento. Di circa 500 di loro non ci sono più notizie.

Le famiglie dei migranti dispersi, dopo essere state ignorate dalle istituzioni tunisine, italiane ed europee, si sono organizzate attorno a questo appello per pretendere che le impronte, che servono per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli.

Come gruppo di donne, Le2511, abbiamo assunto questo appello perché pensiamo sia un atto politico fare più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare denunciando la colpa delle politiche di governo delle migrazioni, e perché vogliamo rendere visibile che in Africa e in Europa ci sono donne e uomini che reagiscono al dolore chiedendo con forza che nessuno possa scomparire così, in mare come nei centri di identificazione ed espulsione e nelle prigioni.

Mentre le famiglie in Tunisia si mobilitano affinché il Ministero degli Esteri tunisino chieda al Ministero degli Interni italiano una verifica sulle impronte, noi, insieme ad alcune donne tunisine, qui in Italia ci stiamo mobilitando affinché il Ministero degli Interni raccolga questa richiesta rendendo pubblica la procedura di verifica di cui vogliamo controllare gli esiti.

A Parma a Milano a Tunisi lo striscione *Da una sponda all’altra: vite che contano* e (in arabo) *Dove sono i nostri figli?* verrà esposto *sabato 17 dicembre*, nell’anniversario della morte di Mohamed Bouazizi che ha dato inizio alla rivoluzione tunisina, e in occasione della Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti. Nel pomeriggio di sabato noi saremo a Milano all’arrivo della manifestazione alla stazione centrale, e raccoglieremo le firme per l’appello.

Per il prossimo gennaio ci sarà una giornata di informazione pubblica a Milano in preparazione dell’iniziativa che stiamo organizzando per il 14 gennaio 2012, anniversario della rivoluzione, insieme alle donne tunisine.

Vi chiediamo di firmare l’appello che trovate qui sotto e di contattarci
se volete condividere questo percorso ( venticinquenovembre@gmail.com)
Il desiderio dei familiari dei migranti tunisini dispersi per la vita dei loro figli è talmente radicale da superare confini e barriere e giungere sino a noi che non possiamo restarne indifferenti perché con sé porta il desiderio di libertà che quegli uomini e donne hanno agito nell’attraversamento dello spazio.

Le2511

Per maggiori informazioni visita la pagina dedicata nel nostro blog

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Appello per i migranti tunisini dispersi

Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere.
Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia.

Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…?

Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere.

Immagini, tu? Se riesci a immaginare ti chiediamo di sostenere con una firma questo appello.

Per firmare: venticinquenovembre@gmail.com
Per maggiori informazioni visita la pagina dedicata nel nostro blog

 

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Invito a un “soulkitchen” all’aperto

sabato 24 settembre, Parco Alessandrini, ore 15.30

Ci troviamo sabato 24 settembre al Parco Alessandrini di Milano, alle 15.30, per sperimentare una pratica di “soulkitchen” all’aperto, interrogandoci sui modi di oltrepassare barriere e recinti a partire dalla sequenza di immagini sulla città che abbiamo intitolato “Le nostre vite recintate”, e che molte di noi/voi già conoscono.
Oltre alle immagini già stampate, avremo a disposizione cartelloni bianchi, pennarelli e materiali per scrivere, disegnare, inventare…
Pensiamo di lasciare spazio a nuove domande, a nuove sollecitazioni, coinvolgendo anche le persone presenti quel giorno al parco, in modo da avviare una pratica che ci aiuti ad arricchire questo work in progress volto ad approfondire alcuni nodi della vita urbana che riguardano in particolare le donne, e i nessi che collegano fra loro situazioni solo apparentemente lontane, gabbie e recinti da cui vogliamo liberarci.
Creatività e fantasia sono sempre più necessarie per immaginare un altro modo di stare insieme nel mondo e nella città. Sabato dunque giocheremo a un gioco che ha a che vedere con la nostra vita, scombinando, mescolando e ricombinando ogni possibile situazione.

"le nostre vite recintate"

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Guerra in Libia: davvero non esisteva altra strada?

Floriana Lipparini, 25 agosto 2011

Una volta di più, e forse mai come questa volta, un giornalismo totalmente embedded rispetto alle leadership europee e alla Nato ci ha ammannito la rappresentazione mediatica della guerra in Libia, mostrandoci folle festanti che agitano bandiere, giovani guerrieri col mitra che sorridono alle telecamere, e lontani fumi che si alzano da macerie non ben identificabili.

Ma dove sono i morti? Quanti civili sono stati uccisi? Quante donne e bambini? Come mai non ne vediamo traccia? Continua a leggere

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Le donne si muovono nella città… con i loro tempi!

Dopo l’ultimo incontro comune all’Università delle donne, ci siamo riunite come 2511 e con le persone interessate per cercare di capire quali potessero essere le modalità dell’iniziativa di cui avevamo discusso insieme. L’idea sarebbe quella di un gioco/workshop che si basa sulla mostra ‘Le nostre vite recintate’ e sui suoi contenuti, un primo momento per creare collettivamente un immaginario che esca dai recinti. Tuttavia per vari motivi, tra cui il fatto che per poter fare un’iniziativa pubblica in un parco ci vuole un preavviso di trenta giorni, ma anche la necessità di prederci più tempo per organizzare al meglio il gioco/workshop, abbiamo deciso di posticipare la data alle prime due settimane di settembre. Nel frattempo, vi terremo ovviamente informate sugli sviluppi.

Grazie a tutte

Leventicinqueundici

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Le donne si muovono nella città: report assemblea e costruzione di iniziative

In questa città che ha solo strade grigie che portano a destinazioni che non ci piacciono, vogliamo creare la linea fucsia, la linea delle donne. La linea fucsia che si riappropria degli spazi che attraversa, costruisce nuovi immaginari, gioca con i luoghi. È la vena che pulsa contro le tante forme di discriminazione, contro il modello sessista prevalente, contro le molteplici gabbie nelle quali e tra le quali si snoda la nostra vita, contro l’invisibilità e la frammentazione.

È la linea invisibile che vorremmo ci unisse, sul piano pratico e culturale, per mettere in discussione ogni tipo di recinto e provare a costruire le basi per un’alternativa allo stato di cose. Riprendersi gli spazi significa prima di tutto prendersi la libertà di viverli in modo non omologato, ci proviamo?

Abbiamo iniziato a discuterne all’assemblea ‘Riprendiamoci il tempo della vita e lo spazio della città: atto secondo’. In quest’occasione leventicinqueundici hanno proposto un primo momento di relazione, riflessione e azione da tenersi in un parco della città nel pomeriggio di mercoledì 29 giugno. In sintesi, si è avanzata l’idea di un gioco che possa simbolicamente esemplificare i recinti che quotidianamente viviamo nei nostri percorsi e sui nostri corpi e che consenta di iniziare a costruire un immaginario volto a superare nella relazione queste barriere: pratiche di esistenza che uniscano nelle differenze. La proposta di trovarsi in un parco è emersa dall’esigenza di incontrare donne al di fuori dei tradizionali momenti assembleari, in un contesto favorevole all’incontro ed estraneo ai ritmi frenetici della metropoli.

In generale si è data la disponibilità a partecipare a questa iniziativa e a quelle che seguiranno per incrociare i percorsi dei diversi gruppi di donne presenti a Milano. Inoltre, durante la riunione è più volte emersa in modo forte la necessità di costruire luoghi per le donne in città e ci si è lasciate con l’idea di rivedersi per approfondire questo punto e allo stesso tempo trovare momenti di riflessione sui nessi che collegano i diversi recinti che intrappolano la nostra vita quotidiana.

Seguiranno aggiornamenti. Il prossimo giovedì 16 giugno alle ore 20.00 si terrà una riunione aperta presso l’ambulatorio popolare di via de transiti 28 per organizzare l’iniziativa proposta.

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Specul(um)azioni: la medicalizzazione del corpo della donna

Volentieri segnialiamo quest’iniziativa della Consultoria Autogestita

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