Tunisia: settembre 2010, febbraio, marzo, aprile, maggio 2011, settembre, novembre 2012. Tunisia: febbraio 2013. Le prime date sono quelle delle partenze dei nostri figli, l’ultima, febbraio 2013, è quella in cui scriviamo questo appello.
Siamo madri e famiglie tunisine che da anni ormai continuano a chiedere verità. L’abbiamo fatto in vari modi, con le nostre manifestazioni e sit-in, rivolgendoci ai nostri governi e istituzioni, chiedendo all’Italia, pretendendo dalle autorità dei due paesi lo scambio delle impronte digitali, ma per ora abbiamo ottenuto solo risposte vaghe, impegni formali e nessuna chiarezza rispetto allo scambio avvenuto.
I nostri figli sono partiti per l’Italia e l’Europa subito prima o dopo la nostra rivoluzione, e l’hanno fatto nell’unico modo previsto per loro dalle politiche europee: attraversando il Mediterraneo su piccole imbarcazioni, dal momento che le politiche europee non prevedono che dalla Tunisia si possa prendere un aereo o una nave di linea con la stessa libertà con cui possono farlo i cittadini europei che vengono nel nostro paese.
Di molti di loro non abbiamo più alcuna notizia, altri sono morti in uno dei tanti naufragi del Mediterraneo.
Sono, dunque, figli “dispersi”, sia quelli morti di cui non ci sono stati restituiti i corpi, sia quelli di cui non abbiamo più notizie, per quanto alcune madri e famiglie riconoscano le loro immagini nei reportage televisivi italiani e francesi.
Siamo madri, padri, sorelle e fratelli. Nello stesso modo in cui lo si è in Europa. Ma per centinaia di giovani dispersi solo 6 di noi sono riusciti ad ottenere il visto per l’Italia per cercare di andare a capire che cosa fosse successo. Per le politiche europee, dunque, il nostro affetto e il nostro dolore non hanno lo stesso valore degli affetti che, in un caso simile, verrebbero riconosciuti ai familiari di giovani europei. Continua a leggere