È da tanto che non scriviamo ma, dopo il nostro viaggio in Tunisia di quest’estate, abbiamo privilegiato un momento di riflessione.
La campagna sulle impronte digitali si è conclusa. Le impronte sono state scambiate e, a detta dei governi, il risultato del confronto è stato negativo: questo ci fa dedurre che i dispersi non siano mai arrivati in Italia. Da parte nostra, abbiamo fatto una ricerca sulle imbarcazioni e sugli indizi che indicavano un possibile arrivo dei dispersi, ma anche seguendo questa strada siamo arrivate alla conclusione che possano non essere mai arrivati. Le madri e le famiglie, e come non capirle, insistono invece sul fatto che i loro figli siano vivi e stanno continuando le ricerche.
Noi abbiamo comunicato con sincerità la nostra opinione alle mamme ed è stato molto difficile.
Questa diversità di opinioni si traduce anche in una diversità di obiettivi. Per esempio, noi siamo convinte che la ricerca non possa a questo punto essere rivolta ai Cie ma allo scoprire cosa sia successo in mare nei giorni in cui sono partite le imbarcazioni.
Pur in questa differenza di posizioni, abbiamo deciso con le mamme di continuare il percorso insieme, cercando di allargarci coinvolgendo in questa lotta anche le famiglie dell’ultimo naufragio e di rilanciare un percorso in Italia. A breve prenderemo posizione con un documento preparato insieme alle famiglie sull’assurdo premio nobel per la pace all’unione europea. Questo comunicato vorrebbe essere un documento che rilanci l’azione, considerando che finora proprio nel fare e nella practica siamo riuscite a concretizzare la relazione con le madri.
Inoltre, vi ricordiamo che a Roma è sempre presente la delegazione dei familiari a cui pensiamo debba essere data visibilità. Ecco, questa lettera era per aggiornarvi e per ricevere da voi eventuali suggerimenti su come riprendere la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano”.
A presto,
Le Venticinqueundici
Qui la pagina dedicata alla campagna