Dopo la Sicilia, questa settimana a Roma la delegazione dei familiari ha tenuto un presidio davanti all’Ambasciata tunisina, ha chiesto di entrare al Cie di Ponte Galeria, ha avuto un incontro al Viminale e poi un’audizione dalla commissione dei dirtti umani al Senato.
Disponibilità a parole da parte delle istituzioni italiane, ma nei fatti i familiari dei ragazzi tunisini dispersi partiti per l’Italia dopo la rivoluzione continuano a non avere risposta alla richiesta di conoscere la sorte dei loro figli.
Nell’incontro al Viminale di martedì scorso, dove siamo state ricevute insieme alla delegazione, i rappresentanti dell’Interno hanno dovuto riconoscere che sia semplice effettuare il confronto delle impronte digitali custodite dalla Tunisia con quelle raccolte dall’Italia e pur se hanno assicurato la loro disponibilità a collaborare sostengono che a temporeggiare siano adesso le autorità tunisine.
Non ci sembra comunque che le istituzioni italiane siano poi così disponibili, tant’è che nell’incontro al Viminale le altre richieste della delegazione – di entrare nel cie di Ponte Galerie per cercare i loro figli o almeno notizie su di loro e di poter prolungare il soggiorno in Italia per continuare la ricerca – sono stante sostanzialmente rifiutate.
E’ chiaro, del resto, che la posta in gioco sia più alta, dal momento che per attuare le politiche migratorie italiane ed europee che fanno scomparire gli esseri umani è indispensabile la collaborazione e la complicità dei paesi da cui partono i migranti e oggi l’Italia ha necessità di continuare la pratica degli accordi bilaterali sul controllo delle migrazioni anche con la Tunisia del dopo Ben Ali.
Quello che certo non manca è la determinazione dei familiari ad avere una risposta, talmente coinvolgente da ricevere qui in Italia la soldarietà e il sostegno crescente da parte di chi crede che le persone non possano e non debbano scomparire in questo modo e che responsabili di tale scomparsa siano le politiche di governo delle migrazioni dell’Unione europea e dell’Italia.
Come collettivo di donne tunisine e italiane che sostengono la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” continueremo a sostenere le famiglie in Tunisia e la delegazione in Italia, convinte che queste politiche migratorie siano da combattere e da sconfiggere da una sponda all’altra del Mediterraneo che, grazie alla rivoluzione tunisina e grazie ai giovani migranti , sono da qualche mese più vicine.
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