Lettera delle 2511 e associazione Pontes ai ministri tunisini

All’attenzione del ministro degli affari esteri, Rafik Ben Abdessalem

All’attenzione del ministro dell’Interno, Ali Larayedh

All’attenzione del ministro degli affari sociali, Khalil Zaouia

All’attenzione del segretario di Stato presso il ministro degli affari sociali incaricato dell’immigrazione, Houcine Jaziri

Signori Ministri e Segretario di stato,

     siamo un collettivo di donne italiane e tunisine che in Italia ha dato luogo alla campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” in appoggio all’appello delle mamme e delle famiglie dei migranti tunisini dispersi in cui si chiede alle istituzioni italiane e tunisine che avvenga uno scambio delle impronte digitali dei loro figli per sapere se siano arrivati in Italia. La nostra decisione di unirci alle famiglie che in Tunisia stanno chiedendo ormai da un anno di sapere quale sia stata la sorte dei loro figli è motivata dalla nostra convinzione che le persone non possano e non debbano scomparire in questo modo e che responsabili di tale scomparsa siano le politiche di governo delle migrazioni dell’Unione europea e dell’Italia.

Subito dopo l’inizio della rivoluzione tunisina, molti giovani hanno deciso di partire verso l’Europa mettendo in atto la libertà appena conquistata e per cui avevano lottato nelle strade e nelle piazze della Tunisia come libertà di movimento. Suggerendo, in tal modo, che la parola libertà senza la possibilità di muoversi è una parola vuota e agendo la vicinanza che unisce queste due sponde del Mediterraneo. Le politiche di controllo e di governo delle migrazioni dell’Unione europea non prevedono, però, tale libertà e per impedirla frappongono mille ostacoli e frontiere. Ma per l’attuazione di tali politiche è indispensabile la collaborazione e la complicità dei paesi da cui partono i migranti. E’ accaduto così con la Tunisia di Ben Ali, che in assoluta complicità con le politiche europee ha imposto nella vostra legislazione un “reato di emigrazione” facendo diventare la Tunisia una prigione con le coste controllate dalle forze dell’ordine, aprendo, con finanziamenti italiani, centri di detenzione segreti per i migranti in transito nel territorio della Tunisia e condannando al carcere tutti i tunisini espulsi dall’Europa. Proprio a causa di tali politiche molti dei giovani tunisini partiti dopo la rivoluzione verso l’Europa non sono mai arrivati: quel tratto di mare Mediterraneo, infatti, mai come nel 2011, è stato un cimitero marino. Tra i giovani partiti, però, alcuni non hanno più dato notizia di sé malgrado non ci siano informazioni di un loro naufragio e nonostante ci siano segni di un loro possibile arrivo sul territorio italiano. Per questo abbiamo appoggiato in Italia l’appello delle famiglie di quei ragazzi: lo scambio delle impronte è un gesto semplice, che l’Italia e la Tunisia fanno in continuazione quando si tratta di espellere dall’Italia i migranti. Il rilievo delle impronte digitali ai migranti in arrivo nei paesi europei, infatti, costituisce un elemento essenziale delle politiche migratorie che fanno scomparire gli esseri umani trasformandoli in “fantasmi” o “clandestini” o prevedendo la loro morte; per questa ragione non ci siamo stupite dinanzi al silenzio delle istituzioni italiane. In questo periodo, però, grazie alle iniziative legate alla nostra campagna e all’arrivo in Italia di una delegazione delle famiglie, qualcosa è cambiato e, nell’incontro che insieme alla delegazione abbiamo avuto al ministero dell’Interno italiano, il prefetto Angela Pria ha dovuto riconoscere una disponibilità da parte dell’Italia, confermando che sarebbe sufficiente che un funzionario tunisino portasse in Italia le impronte di quei ragazzi per avviare il confronto con il database italiano. Ci chiediamo allora perché sia passato un anno senza che tale gesto sia stato compiuto e quali siano gli ostacoli che non permettono di accogliere la richiesta delle madri e delle famiglie. Attendiamo ora una vostra risposta. Noi continueremo comunque a sostenere le famiglie in Tunisia e la delegazione in Italia, convinte che le politiche che fanno scomparire gli esseri umani e che decretano la loro “irregolarità” o “clandestinità”, così come la loro morte in un tratto di mare o tra le sabbie del deserto, siano politiche da combattere e da sconfiggere da una parte e dall’altra delle due sponde.

Donne italiane e tunisine

contatti: venticinquenovembre@gmail.com; pontes@live.it

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Una risposta a Lettera delle 2511 e associazione Pontes ai ministri tunisini

  1. Ireo Bono scrive:

    Credo che l’impegno di questo collettivo di donne italiane e tunisine vada sostenuto dalla maggior parte possibile di italiani per aumentare le possibilità di successo, per un fatto di giustizia ed umanità ed anche perchè il governo italiano considerando il clandestino, l’emigrante, come un criminale, si è reso corresponsabile della morte, della detenzione e della sparizione di tanti emigranti fuggiti dal loro paese per fame, guerre o semplicemente per migliorare le proprie condizioni di vita.

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