Al ministro degli affari esteri tunisino, Rafik Abdessalem Al ministro dell’interno tunisino, Ali Larayedh Al ministro degli affari esteri italiano, Giulio Terzi Alla ministra dell’interno italiana, Anna Maria Cancellieri
Gentili ministri,
siamo alcune donne italiane e tunisine che in Italia e in Tunisia hanno appoggiato il testo di un appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi. Giovani, che sono partiti subito dopo la rivoluzione tunisina affermando così la libertà da poco conquistata come libertà di movimento. Di loro non si sa nulla, nemmeno esattamente quanti siano. 250? 500? Qualcuno dice di più.
“Immagini, tu?” chiedeva l’appello firmato ormai da molte persone che sono riuscite a immaginare ciò che i familiari di quei giovani migranti stanno vivendo da mesi: non sanno, se i loro figli siano arrivati in Italia o se siano morti, se siano approdati in qualche altro paese del Mediterraneo, Malta o la Libia, se siano stati catturati in uno dei tanti sistemi detentivi previsti dalle politiche europee di controllo delle migrazioni e non possano, così, dare notizia del loro arrivo. Non sanno e con la radicalità del loro dolore che pretende invece di sapere, hanno chiesto e richiesto infinite volte, con manifestazioni, sit-in, domande di incontri e colloqui con ministri tunisini, sottosegretari, consoli, funzionari delle ambasciate, e infine con questo appello, che il loro dolore non venga ignorato e che qualcuno gli risponda. “Immagini, tu?” continua a chiedere il testo del loro appello, “tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai (…) potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia. Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…?”.
Chi è riuscito a immaginare ha sostenuto l’appello con una firma (http://www.storiemigranti.org/spip.php?article995) e partecipando alle iniziative per la sua diffusione. A voi chiediamo un gesto altrettanto semplice: rispondere alla domanda che i familiari rivolgono da troppo tempo alle istituzioni del loro paese a alle istituzioni italiane, nell’unico modo attraverso cui la risposta potrebbe essere esaustiva. In Tunisia e in Italia, nel caso in cui in Italia quei giovani siano arrivati e siano all’interno di un sistema detentivo, ci sono le loro impronte digitali: basterebbe uno scambio di dati tra i database dei due paesi, un incrocio su richiesta dei genitori. Questo permetterebbe di ritrasformare le loro impronte in vite, o, eventualmente, in morti, di cui fare il lutto e da aggiungere all’infinito elenco delle morti di migranti nel Mediterraneo che, volute dalle politiche di controllo delle migrazioni, hanno trasformato quel mare in un cimitero marino. Basterebbe questo semplice gesto per rispettare il dolore dei familiari tunisini, dovendo riconoscere, così, almeno indirettamente e in parte, le vite di quei giovani e il loro desiderio di libertà. Vi chiediamo, quindi, di procedere all’incrocio dei dati in presenza di una delegazione dei promotori dell’appello.
Le Venticinqueundici, Associazione Pontes dei tunisini in Italia
Il testo della lettera è anche disponibile in arabo (رسالة للوزراء ) e francese (Lettre aux ministres)
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